Edizioni del Mirto

Bandi & Contributi Culturali

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05 Novembre 2005

Convegno AI CONFINI DI PANORMUS Prime indagini conoscitive del sito megalitico di Pietra Tara Palermo

Interventi di:

Emmanuel Anati

…..Il luogo è affascinante perché non si capisce, almeno io non lo capisco, strutture del genere che sicuramente hanno periodi diversi… quindi la gente è tornata a più riprese per ragioni diverse… sulla costa del mare con delle rocce a picco dietro, con una possibilità di sfruttamento agricolo estremamente limitato, con un’insenatura che, non so fino a che punto poteva proteggere delle imbarcazioni, diciamo di una certa stazza…. quindi c’è veramente qua un mistero che soltanto la continuazione delle ricerche, può riuscire a scoprire...

Due raccomandazioni, non so se alla Signora o a tutti voi o alla Soprintendenza. Penso che siano due cose importanti da fare: una planimetria precisa del luogo, quindi una cosa fatta bene, e fatta bene vuol dire anche considerare le sovrapposizioni. Un muro non sono due righe parallele larghe ottanta centimetri l’una dall’altra, un muro tiene in considerazioni che ci sono degli spazi costruiti in un determinato modo e degli spazi costruiti in un altro modo. Ci sono dei muri dove in parte ci sono dei blocchi di un certo tipo e poi sopra ci sono blocchi di altro tipo. Ci sono dei muri che passano sopra altri muri ossia qua ci troviamo come nello scavo di una località stratigrafica, però con il terreno che invece di essere stato scavato dall’uomo, è stato dilavato dalla natura, qui affioranti diversi strati e penso che ci si siano ancora strati…. però da scavare.

Quindi, prima raccomandazione se mi permettete… è una planimetria esatta che tenga conto della, delle caratteristiche della struttura. Come seconda cosa, io direi, prima di pensare allo scavo, che è una cosa molto impegnativa, e poiché per il momento non ci sono testimonianze che dimostrino un’epoca archeologica, io direi di cominciare a fare dei sondaggi… ossia fare dei buchi di un metro per cinquanta centimetri, in alcune località e vedere cosa c’è sotto… se non c’è non c’è niente, si pianteranno degli alberi, se c’è qualcosa ci farà pensare all’opportunità di intraprendere delle ricerche più approfondite.

Io in questo momento non me la sento di dire che è tutta roba di Duecento o Quattrocento o Mille anni fa.

Io penso, invece che ci sia un’architettura complessa, che già affiora per quello che noi riusciamo a vedere e che questa cosa vada approfondita.

….conosco delle situazioni analoghe a Malta, in Corsica, in Sardegna, a Cipro, in Turchia e quindi penso che valga la pena, cercare di andare oltre e di approfondire ulteriormente la conoscenza di questo territorio.
Grazie.

Sebastiano Tusa

A parte non … non rispondo a questa provocazione perché è tutto falso … stavo tra gli spettatori quasi come pubblico mistero cioè per essere tra coloro che sono contrari a queste ipotesi, ma evidentemente poi sono sopraggiunte delle considerazioni di tipo integralista che hanno escluso voce da questo convegno.

Però vi ringrazio perché mi è stata data la possibilità di parlare e quindi ne approfitto sebbene l’ora tarda. Vorrei sottolineare alcuni dati molto precisi e innanzitutto, è vero come dice il professor Anati che ci sono delle sovrapposizioni, però queste sovrapposizioni e queste concussioni di carattere formale e modulari, s’inquadrano perfettamente in una casistica vastissima, che possiamo notare sia in Sicilia che in altre zone che lei stesso nominava, cioè tutta questa fascia mediterranea caratterizzata da queste incombenze dei calcari sul mare, in alcune coste della penisola anatolica, alcune zone che hanno caratteristiche morfologiche similari dal punto di vista tettonico e morfologico e geologico e che hanno delle caratteristiche similari anche da un punto di vista socio-antropologico.

Che cosa intendo dire…. intendo dire che noi ci troviamo di fronte ad una zona che per i suoi caratteri estremamente marginali, da un punto di vista, diciamo, fondiario, rispetto ad una realtà quale la Conca d’Oro dove cioè dove la fertilità è estrema, perché dobbiamo sempre tenere presente questo dato molto importante. In tutte le epoche della storia di questo comprensorio palermitano, noi abbiamo una condizione ben precisa tra due mondi completamente diversi: il mondo della Conca d’Oro, il mondo della fertilità, dell’acqua, della coltura intensiva, dell’architettura arabo-normanna, se vogliamo, ed il mondo invece marginale delle montagne, delle zone costiere, dove era più possibile produrre a questi livelli come nella Conca d’Oro.

Laddove pur tuttavia vivevano dei gruppi marginalizzati, sino a poco tempo fa.

E la storia ce lo dice. Perché questa, vede prof. Anati a che serviva questo muro lungo, lungo la falesia, basta parlare coi vecchi di Sferracavallo, questo muro lungo la falesia, che si trova lungo la falesia, serviva per parare la salsedine che durante l’inverno sbatte e che arriva anche a quote anche elevate, e quindi per riparare quelle misere forme di agricoltura, che fino a qualche un cinquantennio fa che in quella zona esistevano e che davano da vivere come integrazione alimentare ai pescatori come loro contributo del loro magro prodotto di pesca.

Per cui, certo, il prof. Anati ci affascina con le sue parole, come ho detto, conosciamo bene la sua produzione, conosciamo bene la sua bravura eccelsa, nell’avere dipanato i veli che avvolgevano diverse altre situazioni in altre parti del mondo e quindi questo mistero che lui vede in questa zona ci affascina.

Personalmente però ho il dovere di chiedere… per me il mistero non esiste, per me è tutto estremamente chiaro.

Si tratta di una zona dove sono state create delle forme, chiamiamole architettoniche, particolari, la cui regolarità è impossibile data la morfologia del luogo, la cui regolarità è possibile solamente ad attribuzioni fondiarie, ortogonali a mare, più che perpendicolari. Ma al di là di questo è impossibile creare delle situazioni morfologicamente esatte, perché il terreno non te lo permette.

Basta andare a Pantelleria, non andiamo lontano, a Pantelleria troviamo una situazione pressoché identica, cioè non esiste una regolarità in quel tipo di architettura rurale e non esiste nemmeno qua. Come tale, secondo me, appunto questo alone di mistero non esiste, si tratta di strutture settecentesche, ottocentesche, da questo punto di vista consentitemi che l’esperienza mia e dei colleghi archeologi che hanno battuto la Sicilia in lungo ed in largo, e non solo la Sicilia, sanno benissimo il tipo di degrado che questo tipo di strutture assolvono ed hanno nel tempo.

Queste strutture non possono essere preistoriche, assolutamente, perchè il tipo di degrado, di erosione, che il tempo avrebbe imposto per duemila, tremila anni, li avrebbe completamente assorbiti. Cioè non sono strutture che possono essere resistite fuori terra così a lungo. Quindi da un punto di vista cronologico, la cronologia è facilmente definibile attraverso il tipo di degrado che queste strutture non hanno. Queste strutture sono ancora fresche, i muri sono ancora freschi, sono in piedi, quindi sono strutture che non possono assolutamente avere più di due – trecento anni.

Per quanto riguarda la differenza tipologica, e questo il prof. Anati conosce bene la Puglia, ci sono esempi molto simili in Puglia, di strutture naturali su cui poi si costruiscono i templi. Quindi la differenza morfologica è data dal preesistente su cui poi si costruisce il muretto vero e proprio. Potrei continuare a lungo, quindi si tratta di ripari, soltanto ripari dalla salsedine per proteggere queste forme miserabile, possiamo dire di agricoltura che integrava l’economia dei pescatori di Sferracavallo e di altre zone limitrofe.

Le strutture circolari, perché c’è il verde, perché sono strutture che riparano la vegetazione, quindi la vegetazione di dentro cresce, basta vedere il fenomeno dei famosi giardini cosiddetti arabi, che arabi non sono di Pantelleria; un altro ha una struttura megalitica intorno, là dentro c’è un microclima diverso, perché l’umidità viene trattenuta non solo dal terreno ma anche dalle pareti e quindi crea un microclima che permette una più facile crescita agli arbusti.

Le altre strutture…. le altre strutture parallele al ghiaione, sono strutture che sono servite per creare il suolo. Queste le troviamo un po’ ovunque. Dovunque il pastore ma anche l’agricoltore cerca di creare il suolo. E come si crea il suolo? Si crea ponendo degli ostacoli trasversali cosicché quel poco di limo che l’acqua porta con sé, ristagna e lì si crea un po’ di suolo. Dal punto di vista, quindi, diciamo generale, dobbiamo inquadrarlo in una logica di situazione e puramente marginale di un tipo di economia che s’integrava con l’economia dei pescatori, economia che era di vario tipo: era un’economia pastorale, era un’economia agricola, ma era anche un’economia basata sul malaffare, perché quella era una zona dove il contrabbando era affare quotidiano e risulta che parlando con i vecchi della borgata che per secoli eludevano il dazio approdando in quella caletta, approdando nella scogliera e trascinando le casse e i sacchi dei prodotti agricoli per eludere il dazio, ma questo si faceva nella Sicilia, in tutte le zone marginalizzate.

Questo è una tipica dove queste strutture servivano anche per favorire questo tipo di economia illegale e illegittima che c’era sul quel territorio.

Concludo dicendo anche un’altra cosa, che sulla base della mia modestissima esperienza, per carità, di paletnologo che ha lavorato in Sicilia e nell’area mediterranea ed anche in altri continenti, posso dirvi che è da scartare anche un altro elemento. Quell’elemento comparativo. Il nostro lavoro si basa sullo scavo, sulla stratigrafia su quello che magistralmente diceva la collega Spadafora e si basa anche sul confronto.

Ebbene consentitemi di dire che non esiste nessun tipo di struttura megalitica che si possa confrontare con quanto noi abbiamo visto, io personalmente ho approfonditamente constatato in quella zona. E penso che anche altri colleghi mi possono dare ragione.
E per favore smettiamola di massacrare la lingua italiana… progettazione si scrive con una g…

Adele Mormino

Io sono la dottoressa Adele Mormino della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Palermo ed in questa qualità intendo intervenire, perché il problema che si agita stasera non è un problema di istituzioni o di datazione, il problema che si agita stasera è un problema di metodo, come ampiamente ricordato, anche precedentemente, se alle discipline di natura scientifica si sottrae un metodo e che non sono più discipline di natura scientifica. E allora quando dovesse agitarsi una vexata quaestio su una fattispecie, come quella di cui stasera stiamo parlando, a monte ci vuole un confronto libero e democratico. Quindi non si può partire, dal mio punto di vista, da un presupposto dato per certo in maniera unilaterale, se non attraverso un percorso condiviso. Ecco perché si chiedeva, sempre ragionevolmente, che intorno a questo sito, sicuramente intrigante, lo definirei intrigante, attorno a questo sito intrigante, potessero sentire più voci e più voci in maniera paritaria. Quindi a monte di tutte queste ricerche e a monte dell’impegno, del convegno e della pubblicazione, una disciplina scientifica presente un confronto previo.

Questo è il primo ragionamento. Il secondo ragionamento.

Un’attività in intervento sui BB CC della Provincia di Palermo, perché di questo stiamo parlando, conosce sicuramente, nella mente di colui il quale regge l’amministrazione, un’individuazione di priorità e di bisogni. Le priorità ed i bisogni, che possono essere segnalati da tutti e molto meritoriamente sono stati in questo caso segnalati dalla dott.ssa Mercadante, devono avere una griglia di scrematura in ordine alle emergenze del territorio. E allora, metodo e da questo punto di vista io sono decisamente cartesiana, è bene fare presente che ci sia una scrematura e che s’individuino le emergenze rispetto a sussistenze interessanti, che possono essere valutate, certamente interessanti ed impiegate ma non emergenti.

Poiché la realtà nella quale noi ci troviamo ad operare è una realtà composita, complessa, difficile, in cui l’apportamento delle risorse finanziare, diventa un problema di sopravvivenza, talvolta, dei siti e più in generale dei BB CC, è necessario, secondo il mio punto di vista, operare una griglia ed individuare una griglia e scremare le emergenze dalle sussistenze, dalle intriganti vicende che via via vengono proposte da tutta la comunità. Perché accanto alla dott.ssa Mercadante che ci segnala opportunamente l’esistenza di questo sito, noi come Soprintendenza abbiamo raccolto mille segnalazioni, allora è necessario che ci sia istituzionalmente qualcuno che valuti l’apportamento delle risorse, che non sono solo quelle finanziare, sono anche quelle delle attività, sono quelle del tempo che la Soprintendenza o altro istituto deve dedicare ad una vicenda piuttosto che un’altra. E allora questa è sempre una questione di metodo. Ultima questione di metodo. Se sono fatti dei rinvenimenti nell’ambito della Provincia di Palermo, questi rinvenimenti devono essere segnalati, per il codice di tutela all’Istituzione che ha il dovere di tutela. Io non credo di avere capito che ci sia, spero di non avere capito male, ma ove un rinvenimento di qualunque tipo sia, sia stato effettuato, questo rinvenimento, doveva essere segnalato nei modi e nei termini che la legge prevede. E questa non è solo una questione di metodo. Questa è una questione di metodo e di rispetto delle regole, in un processo civile.

Perché ho voluto intervenire. Perché ho ritenuto necessario riportare all’alveo della questione, quest’ultima porzione di dibattito. Qui non si scontrano ideologie.

L’ipotesi è l’auspicio, dal mio punto di vista e che un previo confronto ed una previa comparazione delle tesi potesse portare ad un prodotto anche documentario che raccogliesse le più voci, le più ipotesi, attorno ad un sito di questo genere. E in questo senso credo che si possa invocare un confronto democratico ed una crescita della comunità, non disgiunta naturalmente da quel principio di tolleranza che tutti quanti ci attraversa dalla consapevolezza anche presente in ciascuno di noi che esistono delle priorità. Che la tutela è previa e preminente rispetto a tutte le forze, così come ci dice il codice di valorizzazione e di fruizione. La tutela è previa e se qui io dovessi, come dire, ipotizzare che c’è stata una non perfetta adesione alla norma in tema di tutela, certamente questo convegno scadrebbe immediatamente nella qualità che invece si è sforzato di esprimere e che ha in sé. Ripeto. Un convegno fatto da più voci, queste più voci stanno a monte, si chiama attorno ad un tavolo la comunità scientifica e si sentono tutte le ipotesi, se siamo ad un livello di questo genere e soprattutto, se mi consente dott.ssa, una griglia che sia istituzionalmente, capace di secernere, di secernere, perché bisogni ed emergenze nel nostro territorio e in ambito archeologico ed in ambito architettonico ed in ambito archivistico ed in ambito bibliografico ed in ambito storico - artistico, ce ne sono tanti.
Noi non ci possiamo muovere sull’onda delle emozioni. L’emozione, la fantasia, l’immagine , l’evocare la poesia, è una dimensione che ci porta in alto, che ci fa volare. Ma poi c’è un dovere che ci porta a dover fare sempre delle scelte e queste scelte vanno correlate sul ruolo che ciascuno di noi ha di consegnare ai posteri quello che noi abbiamo avuto in consegna. E questo è per me, in fondo che sono l’istituzione della tutela, che rappresento l’istituzione della tutela, è un dovere prioritario.



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